Colore e luce

I temi dominanti del De Rosa, ancora oggi come nel passato, sono la poetica degli angoli suggestivi che la natura offre e la figura ancorata nell’ambiente naturale. Le opere nitide con efficaci trasparenze sono giochi di colori caldi, soffusi, che danno alle presenze fisiche la capacità di suscitare quei sentimenti che egli prova nello sceglierle e realizzarle. I toni e i mezzi toni, in luce diffusa inebriano e danno il senso dell’infinito. Le tecniche ed i mezzi per esprimersi denotano padronanza e maturità artistica. Vivendo accanto a lui si nota il travaglio che è la molla a dare di più, sempre meglio, con caparbietà tipica di chi l’arte la vive. L’ambizione di sfiorare la perfezione espressiva lo inebria ed il giudizio del pubblico anche quando non lo ricompensa, lo aiuta a procedere su questa sua via.

Vincenzo Porcelli (pittore e scultore)

Un caleidoscopio cromatico

L’essenza delle vegetazioni di primo piano colte come in un caleidoscopio cromatico.

Carlo Marcantonio (pittore)

Le suggestioni

Ennio De Rosa, dopo aver abbandonato (momentaneamente o definitivamente?) la sua poetica e romantica tematica paesaggistica e naturalistica, affronta decisamente soggetti più difficili e suggestivi, quali le figure femminili.

E qui le “suggestioni” sono rappresentate dal connubio fra poesia e romanticismo, ai quali non ha mai rinunciato, ed una raffinata rappresentazione di sapore e derivazione vagamente teatrale, con impianti scenografici di effettuale resa estetica. L’immagine trova un inserimento logico nella sua fase descrittiva, che trova una coerente consequenzialità tra i dati somatici e caratteriali rappresentati ed i costumi ed i fondi che fanno da contorno e completamento al soggetto.

De Rosa raggiunge l’equilibrio della composizione proprio ricorrendo a parziali scomposizioni dell’assieme che , già esaminate individualmente assumono valore di soggetto, ma unite in un fantastico e variegato susseguirsi di piani e di elementi, raggiungono esiti di misurata e voluta spettacolarità. Realizza così efficaci effetti spaziali ricorrendo a gradevoli trasparenze di piano, dove l’insieme assume toni impalpabili e rarefatti, mentre le cromie tenui e variegate al tempo stesso si disperdono in improvvise ma quasi inavvertibili accensioni. Ed il dettaglio, il particolare, l’elemento decorativo, pure nella loro delicata indeterminazione, attraggono proprio per la loro spettacolare possibilità di interpretazione. Certa malizia descrittiva ed un sicuro possesso di capacità realizzative conferiscono atmosfere conturbanti ai soggetti più casti ed ambigua innocenza ai nudi di sapore esotico e di derivazione “ liberty”.

In questi casi mestiere, poesia ed un animo romantico si fondono alla ricerca di esiti di indubbio valore artistico, il tutto sostenuto da un segno delicato ma sicuro, rispettoso delle proporzioni e della prospettiva e da cromie, che nella loro improbabilità, aggiungono evocazioni fantastiche e di sogno.Le delicate ed eleganti fanciulle di De Rosa lasciano sempre l’osservatore in bilico tra una scelta di interpretazioni innocenti ad una, più audace di provocanti tentazioni.

Ma è proprio in questa scelta di possibilità, in questa dualità di lettura, simile a certi famosi ed ambigui oracoli, che si rivela la maturità dell’artista e l’intenzionalità di porre il fruitore di fronte all’insolubile dilemma dell’eterno femminino.

Giuseppe Quinzatti (critico d’arte)

Poesia del silenzio

Le isolate radure ed i silenti scorci paesaggistici assumono il senso di pause, fughe dalla vita quotidiana. Il tempo cessa di essere una dimensione per fare spazio alle emozioni di chi è teso a cogliere la disordinata e incantevole lirica della natura. Nel silenzio metafisico esplodono le vivide cromie: i campi di papaveri, gli arbusti in fiore, i prati, tutta la tavolozza si armonizza sulla tela. Si delinea così uno dei temi dominanti di questo artista: l’amore per il colore, forzato anche nelle tempere con risultati insoliti e gradevoli. E poesia del silenzio è ancora presente nel suo ritrarre le donne, colte in atteggiamenti intimistici ed introspettivi. In atmosfere rarefatte dai contorni sapientemente sfumati, come appartenenti al sogno o alla fantasia, le figure si stagliano con morbida grazia e al contempo suggestiva sensualità, carnali e al tempo stesso irraggiungibili, nell’interpretazione della quinta essenza femminile. Ma c’è anche amore per il particolare, quasi comprimario eppure mai prevalente, in perfetta armonia con l’insieme, in sinergia con un consapevole e maturo equilibrio compositivo di proporzioni e prospettiva.

Lapis (critico d’arte)

La nudità

La nudità come metodica espressiva inconscia dell’artista.

Tramite il colore, il tratto, la movenza il De Rosa ci conduce in labirinti emozionali che ci inducono a relative espressioni dellanimo: innocenza, malizia, pudore, oscenità.L’interpretazione è mista, e l’artista, quello che veramente palpita di se, si destreggia magnificamente in ciò, donandoci attraverso la sua maestralità canti d’amore,forse oggi inusitati, con vera perizia.

Gabriella Brancaccio (giornalista)

I luoghi dell’incontro

All’atteggiamento analitico, quasi di una ricerca lenticolare “fiamminga” che indaga lo spazio del paesaggio, il “landscape”, il luogo d’incontro di minuziosi accostamenti cromatici, corrisponde, secondo una identica identità, lo studio di un altro paesaggio: quello della geografia del corpo.

Il nudo, Eva (una definizione e un intento dichiarato) di per sé può sembrare tutto o niente; ci introduce in un codice dove il corpo femminile, l’icona per eccellenza, la Magna Mater mediterranea si allunga e campeggia tra le coltri di un incoffessabile voyeur. Abbandonati racchiusi in una intimità senza tempo sono un possibile richiamo al mondo ovattato di un’alcova, ma anche alle moderne desolate e desolanti stanze di un anonimo hotel californiano on the road. Lo spazio che ci circonda è esso stesso anonimo, soglia di slittamento tra identità e linguaggio. Nella possibilità di toccare verità intime, l’artista veicola la nostra attenzione, obbligandoci ad una disciplina dell’attenzione con inquadrature ed ambiguità prospettiche dall’alto, oppure con una visione fortemente ravvicinata.

Stanze, spazi, sfondi di un verde bluastro, muri tinti circondano i corpi avviluppati nelle coltri di bianchi abbaglianti. Con la medesima identità di percorso del paesaggio, l’occhio dell’artista indaga e corteggia il nudo cercando di coglierne gli istanti irripetibili di un rituale di una luna che si muove al ritorno delle maree.

Luigi Manciocco (antropologo)

Casa Barnekov, Anagni

La natura

Esistono quei meravigliosi paesaggi che Ennio De Rosa dipinge ad olio su grandi tele? Sì, esistono dove l’uomo non è arrivato a deturpare la natura. Ciclamini, ginestre e cardi vengono preferiti a dalie, rose e gerani, perché anche un fiore vuole la libertà di vivere come vuole e dove vuole per donarsi non al violento, ma all’ape o alla mucca come è scritto nel libro della natura. Solo chi è un ambientalista come De Rosa riesce a trasmettere questi messaggi di sensibilità e di rispetto per il mondo che ci circonda, perché quelli come De Rosa sono i profeti della natura, scelti ed ispirati per lanciare scialuppe di salvataggio e segnali di riconciliazione. Natura viva e luminosa, quindi, che fanno di un quadro non un oggetto per riempire un vuoto di una parete, ma un soggetto intorno al quale costruire l’arredamento di una stanza.

Una natura sempre generosa e non vendicativa, pronta a rimarginare le ferite e a riequilibrare gli scompensi prodotti dall’uomo. Di fronte al quadro della matassa di filo spinato abbandonato nel bosco, si resta prima sgomenti, perché si legge la scempiaggine di un egoismo che purtroppo appartiene ad ognuno di noi, poi prevale la soddisfazione di una natura amica che avvolge a sua volta il filo spinato con erbe e fiori fino a distruggerlo ed eliminarlo. In questo Paradiso che l’uomo non vuole terrestre, Eva appare in una dimensione pura, morbida, dolce e rilassante, immersa in un silenzio musicale che quasi si sentono i battiti del cuore, e se non è il cuore di Eva, forse è proprio quello nostro.

Carlo Gizzi (giornalista)